venerdì 17 settembre 2010

Stazione Centrale.

Stazione Centrale.
Treni che non si fermano mai, che camminano su rotaie arruginite.
Passeggeri, ombre indefinite che osservano, che pensano.
Quanti pensieri, nella Stazione Centrale.
Napoli, erano le 20.00, per il mio orologio.
Tante giacche e cravatte, occhiali scuri, valigette nere.
Gente frenetica, che corre, che vive al telefono.
Tante borse, riviste, giacconi di pelle.
Gente frenetica, che cammina, che attende.
Giovani che ridono, forse troppo distratti.
Vecchi che sopravvivono, alla malinconia.
Ed il pavimento che era troppo sporco, logoro.
Fuligine su quei volti stanchi, ladri.
Il viso di chi naviga nell'odio, di chi ha fame e non mangia mai.
Gente disperata, che piange, che uccide.
Mendicare, fremere, desiderare.
Vivere su di un cartone umido, su di una pezza fradicia.
Ma non ha troppa importanza, almeno per me.
Avevo un treno, destinazione improbabile.
Era una questione di soldi, ma anche di ispirazione.
Qualcuno aveva detto che non era importante arrivare, ma andare.
Aveva ragione, credo.

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