lunedì 20 settembre 2010

1884. Nové Mésto.

1884
Nové Mésto.


Ci siamo incontrati.
Gli occhi di speranze ammaliati.
Ci siamo incontrati.
Cercando salvezza dentro ad un arrivederci.
Partiti.
Partiti.
Partiti.
Dall’oblò
L’aeroporto bagnato di grigio e noia.
Le nuvole in cielo
Specchi di pianto.

Poi l’ascesa.
La salita poi.
Per una volta ho volato.

Bestemmiando temendo vendetta divina.
Visto Napoli dal cielo.
Visto Napoli piccolissima.
Buio formicaio,
piaga bellissima languente,
dal cielo.
Poi un limbo.
Gli occhi abbagliati da
Un nulla infantile,
immerso nel vuoto
mi sono sentito.
In mezzo a quel vuoto
D’un bianco più vero,
librandomi liberato.
Nuotare nel grembo materno,
protetto da liquido
niente.
Il sole poi.
Come mai prima
Sopra le nuvole
Mi è sembrato di essere
Di fronte a dio.
L’infinito mare bianco morbido
Sembrava
Riflettere il blu così intenso
D’un cielo più spesso
d’opaco dipinto.
Un mare di panna leggera
Ci avrebbe salvati dal crollo.

Tutto quel candore
Ha bruciato i miei occhi.
Ha bruciato i miei occhi
Assuefatti allo sporco.

Non riuscivo a tenere
I miei occhi nel sole,
ardevano i miei occhi
lacrimando sul fuoco
rinunciavano.
Per poi riprovare.
Ancora,
mentre montagne di nuvole sparse
costruivano il fondo del cielo.
Poi scendemmo bruscamente
Dal quel mondo
Protetto
Dal tremulo umano respiro
E così fummo stretti
Da un crepuscolo bruno d’Europa.
A Praga.


§


Attraversammo la periferia.
Seduto in fondo
Guardavo fuori.
Strade lustre deserte
Semibuie,
avvolte da un’aura blu cobalto.
Le luci gialle e rosse delle auto
Dardi infuocati.
Guardavo i volti della gente.
Facce larghe e guance rosse
Su sfondo di slavo pallore.
Capelli grigi evanescenti.
Donne si avvicinavano all’uscita
Stringendo forte al seno
Bagagli di mansuetudine
E morte a credito.

Fuori sempre più buio.
Scendeva la notte
E sapeva di tiepida speranza.

Camminai nelle strade
Lucide e larghe,
sfrecciavano le auto sfrecciavano,
guardavo ai palazzi
freddi austeri.
Guardavo ai grandi palazzi
E la città cominciava
Da lontano
a vincermi.
Con fascino di donna matura.
Lunghe gambe
Avvolte da lucide calze
Le strade.

Poi scese la notte
E sapeva di tiepida vibrante
Lontananza.

203 poi il numero.
La stanza.
Pareti pallide
Tende cineree.
Una larga finestra sulla strada
Ombrata di notte.
Di fronte a me
La decadente austerità
dei fabbricati.
Luci soffuse.
Semibuia la camera
Si chiudeva su di noi
Bollenti di caldo siero
Da sputare
Vomitare.
Camminando poi fieri,
giacca stretta
su petto gracile
ci abbandonammo
alle calde braccia della città.
Avvicinandoci a passo svelto
Al suo buio cuore pulsante.

Praga è stata crudele
Quando mi ha abbandonato.

Gli occhi illuminati
Dalla gioia di essere soli
E nudi.

Arrivammo così vicini al centro
Da poter
Sentire sussultare la terra
Sotto i nostri piedi.
La città ci si stava lentamente svelando,
come donna protetta dal velo
che al buio rivela
un viso diverso allo sposo.
Mangiammo cibo speziato.
Un ragazzo dal volto ossuto
Mi si avvicinò
Proponendomi attimi
Di dolce abbandono.
Rifiutai.
Dietro l’angolo
Poliziotti interrogavano giovani
dal volto disfatto.
Un sirena
In lontananza
Emetteva suoni
Di un bagliore blu elettrico.
Ammaliato dalle luci della città
Desiderai di entrare in ogni locale,
Desiderai
Di riempire i miei occhi di vita
E farli scoppiare.
Mori tentatori ci prendevano le braccia,
cercando di tirarci in fondo a un sottosuolo
di demoni dal corpo scoperto,
dagli occhi distratti.

Cercavano di tirarci giù.
Di tirarci giù.

Continuammo a camminare
Quasi temendo
Subitanea discesa.
Rimandandola.

Raggiungemmo una piazza irreale
Protetta dal tempo
Di immortale fragilità
Ritta.
In fondo
Come castello
Brillando di fari giallastri
La cattedrale
Nella notte.
Fui immerso in un mondo più antico
Protetto
Da bolle
D’indolente languore.

Bruciammo le mani e ci abbandonammo.


§


Accendere una sigaretta,
fu la prima cosa che feci,
aperti gli occhi.
Tanto amara da disgustarmi
La mia bocca.
Il mio corpo gioiva
di tanto
Abbandono,
mentre infreddolito
tiravo la coperta alla gola,
lasciando che la cenere
posasse sulla moquette.


§


Praga di giorno
È donna in festa.
Bagnato di vita sempre nuova
Il ventre,
Fecondato da calda bellezza
E splendore.
Fummo trasportati dalle strade
Come in un fiume
Dall’acqua calda e umana.
Fummo trasportati
Lasciandoci andare
Sentimmo la gioia dell’abbandono.
La piazza dell’orologio
Di giorno
Perdeva la magica irrealtà
Sputata su di lei
Dalla notte.
Ma piena di viva allegrezza
Permetteva
Alle mie labbra
Di schiudersi.
Arrivammo poi al ponte.
Il ponte Carlo saltava
Sul Moldava.
Di fronte alla torre
Percorsa da strie
Verde smeraldo
Che stava ai suoi piedi
Immortalammo
Un momento
Che un giorno
Rimpiangeremo.
Poi percorremmo il ponte.
Cattoliche statue di santi ai due lati
Regolarmente
Mostravano pose
Di carità e vocazione.
Solo sorrisi lassù,
dove ognuno
lontano dal proprio
mondo
si sentiva
come rifugiato.
Anche per me era così.
Come una bomboniera,
noi piccoli
ridicoli pupazzi,
aspettando
che qualcuno
faccia scendere la neve.
Artisti di strada
Ritraevano coppie
Di amanti abbracciati.
Poi riso
E musicisti,
L’età avanzata,
Il suono del trombone
E della voce graffiata
Da un megafono di latta.
E volti di donna.
Volti pallidi ovali
Capelli bruni
Occhi orientali
E biondi capelli
Addobbati d’occhi di cristallo
E sorrisi.

Di ogni donna mi innamorai di ogni donna.

Il suono del trombone
E della voce graffiata
Da un megafono di latta
Su un liquido sfondo.
Ricordai che ancora
Esiste
Una gioia
Gratuita
Senza pretese.
Continuammo a camminare tra la gente
Finché da lontano
Non sentimmo una fisarmonica.
Arrivammo di fronte all’uomo.
Alto
I capelli grigi
Corti
Il corpo robusto
Avvolto allo strumento
A terra qualche
Piccola corona
A lato un bastone.
Gli occhi chini e bui.
Le dita leggere
Sui tasti
Vibravano.
Una musica tenue
Di nostalgie
Di paesaggi forse visti
Un tempo.

Una nostalgia di paesaggi forse visti.
Un tempo.

Gli occhi bui
Fissi
In un nulla
Ch’è anche nostro.
Poi improvvisamente
La voce.
Tenue
Seguì il passo delle dita
Sussurrando
Contenendo a stento
Tanta sofferenza
E grazia.
L’uomo non sapeva
Dei nostri occhi.
Senza rumore il nostro respiro.
L’uomo non sapeva,
Cantando
Come se stesse per morire,
lasciando al mondo
l’ultimo canto.


§


Vedemmo Praga dal punto più alto.
Come una bomboniera,
tutti aspettavano che scendesse la neve.


§


Ritornammo sul fiume.
Tra gli alberi
Fummo su un’isola.
Solo verde
I miei occhi.
Ci sedemmo.
Pochi metri dalle sponde
E guardammo il fiume
E la città
Dietro di esso.
L’acqua scintillava
Di un sole forte,
Ed era forte e viva.
Come un quadro di Monet
Il profilo della città,
e del parco.
Giovani amanti
Immortalavano i loro
Sguardi
Per rassicurarsi
Una volta soli.
Io immortalavo loro
Da lontano,
per cercare di salvare
il mio cuore
troppo stanco.
Stesi tra l’erba
Dormivano degli uomini
Abbracciati
Dalla terra e dal vino.
Noi appoggiati alla corteccia,
Le mani all’erba,
fumavamo
dipingendo
il nostro quadro
nei ricordi.
Sorridevamo
Per la paura
Di essere beccati
Da cigni aggressivi.


§


Poi scese la notte
E sapeva di tiepida vibrante
Lontananza.



§


Tornammo in strada,
e la città era di nuovo cambiata.
Di nuovo
Le luci
Il desiderio
Il languore
E la fame.
Percorrendo
Piazza San Venceslao
Canticchiavo.
E questa volta
Ci lasciammo guidare
Dai mori.
E scendemmo nel sottosuolo.
Entrammo in locali
Di luci splendenti e soffuse.
Guardammo i suoi angeli nudi.
Ce ne innamorammo.
Guardando quei corpi
Di marmo e velluto.
E dopo capimmo
La tristezza
Di corpi
E di danze
Prive del nostro abbandono.

Proposi a una donna
Di venire con me
E sposarmi.
Ma sorrise e mi baciò la guancia.

Fummo in un alto palazzo
Poi.
E rumore e danze spasmodiche
E luci colori
Sorrisi drogati
Occhi lucidi.
Noi ci aggiravamo
Bevendo.
E tutti ci riconoscevano.
Allontanandoci.
Provammo a ballare anche noi.
Ma senza riuscirci.
Scappammo
Rimpiangendo
Corone già perse in partenza.
Riparammo
Sul ponte.
Di notte buio e
Bellissimo.
Più nera della notte intorno
L’acqua del Moldava.
Buio il ponte
E vuoto.
Le luci blu elettrico
Della discoteca
Vicina
Davano luce inconsueta
Ai nostri capelli.
Vuoto il ponte,
e bellissimo.
Seduti
Lasciammo che il tempo
Scorresse.
Passò un uomo
Ed ebbi paura.
Non ci vide nel buio.
Poi andammo anche noi,
tirandoci a forza le gambe.
Canticchiavo sottovoce io,
gli occhi fissi a terra.


Nightclubbing we're nightclubbing
We're walking through town
Nightclubbing we're nightclubbing
We walk like a ghost
We learn dances brand new dances
Like the nuclear bomb
When we're nightclubbing
Bright white clubbing
Oh isn't it wild...

§


Bruciammo le mani e ci abbandonammo.


§



Solo per la partenza
Riuscii a conoscere
Il mattino.
Sceso in strada,
guardai la strada spoglia,
e i volti dei miei compagni.
Stanchi e affamati
Come il mio.
La voglia di restare
Di non tornare,
e il rimpianto
per un coraggio
che non c’è.
Alzai la testa
E vidi
Sul muro
Il cartello.

1884
Nové Mésto.
Praha

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