lunedì 6 settembre 2010

Giovinezza

Vorrei comprare frammenti di felicità, non so se ne è rimasta ancora, ai grandi magazzini. Uno scatolone impolverato, sulla mensola a sinistra. Un abbandono interminato, in una nottata povera, di dolci abitudini. La piccola gioia, di grandi peccatori. Cristo non farà ritorno prima dell’alba, vi perdonerà tra nuvole sbiadite. Ricordo di quel sospiro, il naufragio di inesauribili brame, tra le bellezze delle maree. Dalle rocce al fondale, poco più di un respiro profondo. Vivere in eterna beatitudine, nel piacere di un dolore spazzato dal vento. Un suonatore stonato era riuscito a offrirmi, delle briciole d’allegria e un bicchiere di vino.

Celate vertigini, ma tanta grazia nei vostri dispiaceri. Siete fiori di fuligine, e ombre nelle mie mani. Il vecchio pazzo continuava a parlare, era rimasto solo con la vita, con tante parole da bruciare. Non le si sta dietro, si continua a cadere, si perde l’equilibrio. Un dolce sospiro, questa terra trema, e non si ferma più. Un giorno è volato in un soffio, ed io a correre, ancora. Non so quando potrò fermarmi a guardare le nuvole, anche un attimo soltanto, a guardare gli aquiloni nell’aria, non so quando le lacrime lasceranno ossigeno ai pensieri, non so se avrò ancora voglia di stringervi la mano. Lo specchio riflette un uomo troppo normale, un viaggiatore distratto. Si stavano chiudendo le porte, per via della malinconia in fiore, la nostalgia del volto, la distanza dell’anima. Verso i bordi del cielo, in silenzio, vorrei rifugiarmi qualche tempo in solitudine.

E un ramo di ciliegio cadeva dal tronco, per il vento in tempesta che serpeggiava violento. Il terriccio della via che si alza in volo, e la pioggia rinfresca gli smeraldi delle foglie. Strade poco illuminate, sentieri bagnati dalle nubi, quelle stelle frastagliate che osservano gli amori, nel silente consumarsi. Uomini che comprano vanità da rigettare nelle mascelle, che non si azzardano, a sfiorare le spighe con la falce, comprano debiti di legno per le doghe del letto, e per il loro grazioso vivere in affitto. Quando il tramonto dell’ora più fredda, lascerà la scena sconfitto, volgerò lo sguardo al salice in fondo al sentiero, e non mi stupirò nel vedere una fune che pende dai rami. Cadrà altra polvere, e non sarà mai troppo arida la vostra sete, inizierò ad apprezzare la mia diversità, quando vi inchinerete alle cianfrusaglie del rigattiere, senza un solco di vergogna sul vostro viso. Voglio poter dire di non aver bisogno di voi adesso, logori come siete.

Giò

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